Amb. Marco PERONACI
Rappresentante Permanente d’Italia presso la NATO
Ringrazio per l’invito a prendere parte a questa Conferenza su temi di grande attualità e pregnanza. Nella mia qualità di Ambasciatore presso la NATO tratterò per necessità il tema inquadrandolo in chiave leggermente più euro-atlantica e meno euro-centrica e in una prospettiva più politica e meno giuridica.
Il concetto di gestione delle crisi è stato intercettato ed è divenuto centrale nel radar dell’Alleanza. Confrontata all’evoluzione del concetto di “sicurezza”, anche la NATO ha dato avvio ad un processo di ripensamento dei propri compiti. Per apprezzarne la parabola, mi avvarrò della tecnica cinematografica del flashback.
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Washington, 1949. Il trattato fondativo, nel suo preambolo, definisce l’orizzonte politico ed operativo dell’Alleanza nell’assunto che la condivisione delle forze dei suoi membri sia diretta alla “collective defence” e alla “preservation of peace and security”.
Giuridicamente, dunque, un profilo legato al concetto di crisi umanitaria o, più genericamente, “geopolitica” – termine che peraltro necessiterebbe di una più puntuale definizione – non era inizialmente nelle corde dell’Alleanza.
Un’assenza che rivela la natura post-bellica del pensiero ispiratore, ovvero quello di “unite [their] efforts” in un’ottica prettamente militare, ancorché subordinata alla guida politica. E ne troviamo conferma nell’articolo 3 del Trattato di Washington, che chiama i membri a condividere tali sforzi con lo scopo di “maintain and develop their individual and collective capacity to resist armed attack”.
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Da Washington a Madrid, 2022. 73 anni dopo l’Alleanza riscrive il proprio concetto strategico. È evidente che la difesa collettiva resta la quintessenza di un’Alleanza politico-militare. Ed il preambolo, ancora una volta, ne fa stato immediatamente, ricordando che il fine è “protect our one billion citizens, defend our territory and safeguard our freedom and democracy”.
Il richiamo alla protezione della libertà e della democrazia è il valico attraverso il quale permea la modernità di un testo che fa propria una consapevolezza diversa: la difesa non è chiusura, ma capacità di leggere anticipatamente le minacce e prepararsi, adattandovi, a rispondere.
Ed è così che alla difesa collettiva si affiancano con pari dignità – confermando un percorso evolutivo già portato alla luce dal Concetto Strategico del 2010 – altri due “core tasks”: la prevenzione e la gestione delle crisi e la sicurezza cooperativa.
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Crisi da gestire, come la NATO già si proponeva di fare nel 2010; e crisi da “prevenire”, nella consapevolezza che l’adattamento predittivo è la forza intrinseca di un’Alleanza in grado di fare leva, collettivamente, su capacità umane e tecnologiche non seconde a nessuno.
Vi è, in questo, un’assunzione di responsabilità anche verso coloro che dell’Alleanza non fanno parte. Non obblighi giuridici, che infatti non vengono mai introdotti nei testi dell’Alleanza. Piuttosto, responsabilità umane e funzionali, o politiche, nell’essenza più pura del termine, dove esso richiama una polis che, sotto l’aspetto securitario, è ormai globale.
La sicurezza non è chiusura. Il dialogo ne è parte essenziale, soprattutto per la prevenzione delle crisi. È in questo ambito che si si costruiscono e trovano traduzione operativa quei nuovi rapporti politici e quelle alleanze con i partner, in primo luogo l’Unione Europea, cui ci lega un patrimonio condiviso di valori e principi comuni. Essi sono determinanti per consolidare quella sicurezza cooperativa che costituisce il terzo compito essenziale dell’Alleanza.
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Vilnius, luglio 2023. Nella più grande crisi di sicurezza che il Continente europeo ha conosciuto dopo la seconda guerra mondiale, il Vertice si apre alla partecipazione di partner di diverso profilo: ovviamente l’Ucraina; ma anche l’UE e i Paesi dell’Asia-Pacifico; e i Paesi cui viene data particolare attenzione data l’esposizione all’assertività russa, come Georgia, Bosnia-Erzegovina e Moldavia.
A questi si aggiungeranno i Paesi del sud, espressione più politica che geografica, dove quel “Sud Globale”, o “Middle Ground”, rappresenta un’ineludibile componente della comunità internazionale che necessita di attenzione. Esso rappresenta al contempo un laboratorio di dinamiche istituzionali, sociali, economiche e ambientali da cui possono giungere in egual misura rischi per la sicurezza e opportunità di sviluppo.
Come Italia, contribuendo alla linea di crescente attenzione verso l’Africa di cui il nostro Governo si è fatto promotore, lavoriamo quotidianamente affinché l’attenzione verso il Sud venga preservata, ampliata, e tradotta in azioni concrete.
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Da Vilnius a Washinton. E oltre. Nel 2024 torneremo a Washington per celebrare il 75° anniversario della fondazione della NATO. Non basterà guardarsi indietro per celebrare l’efficienza di una macchina che continua ancora oggi a mostrare capacità di reazione e di attrazione, come provano i recenti eventi e l’ingresso di nuovi membri.
Dallo specchietto retrovisore dovremo guardare il futuro. Ovvero, dimostrarci in grado di anticipare le sfide e sviluppare, attraverso gli investimenti relazionali e tecnologici, gli strumenti per essere efficaci come soggetto politico globale, ancorché fondato su una base regionale.
Per questo continueremo ad investire nei partenariati. Continueremo a promuovere anche maggiore spazio per l’analisi del rapporto tra cambiamenti climatici e sicurezza, che è sfida “caratterizzante” del nostro secolo, come lo stesso Concetto Strategico dell’Alleanza riconosce. E al contempo proseguiamo nel sostegno ai nuovi filoni di lavoro dell’Alleanza dedicati alla sicurezza umana e all’agenda “donne pace e sicurezza”.
Tutte queste sono componenti della “nuova domanda di sicurezza” che i cittadini, ed in particolare le fasce più giovani della popolazione, esprimono a vario titolo. Sono queste le nuove aspettative cui anche l’Alleanza deve dimostrare di essere all’altezza.
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Vorrei dedicare infine qualche osservazione al tema di estrema attualità della cooperazione tra l’Unione Europea e l’Organizzazione del Nord Atlantico.
Una cooperazione sia naturale, data la comunanza di valori che lega le due organizzazioni, che necessaria, nella risoluzione delle crisi umanitarie e –più latamente- geopolitiche. Su questa cooperazione insiste anche la versione più recente dello Strategic Concept dell’Unione europea, che riconosce nella complementarità d’azione e nel supporto reciproco i principi alla base di tale cooperazione.
Sul piano giuridico, le fonti del diritto primario dell’UE che legittimano tale cooperazione vanno ricercate nell’art 42 del Trattato dell’Unione Europea. L’art. 42 riconosce che, nonostante la competenza dell’UE in materia di sicurezza e difesa, la NATO resta l’ente internazionale responsabile dell’attuazione della difesa collettiva a livello europeo. Ancora, è richiesto che gli impegni assunti dagli Stati Membri nel settore della Politica di Sicurezza e Difesa Comune, debbano essere coordinati e compatibili con quelli derivanti dalla partecipazione al trattato dell’Alleanza Atlantica. Inoltre, alcuni autori suggeriscono l’esistenza di un “primo rifiuto” a favore dell’Organizzazione del Nord Atlantico. Con ciò si intende una sorta di legittima priorità d’azione a favore della NATO nell’avviamento di una missione. In altre parole, le missioni dell’UE potrebbero essere avviate solo qualora la NATO non intenda condurre una propria missione o prendervi parte.
È evidente come, dal dato legislativo, emerga un quantum di subordinazione della capacità decisionale dell’UE rispetto alle volontà della NATO. Sebbene questo procedimento sia votato alla necessità di evitare inutili e onerose duplicazioni d’intervento, resta da chiedersi se tale sistema sia ancora, nel complesso, attuale e soddisfacente. La risposta è di natura squisitamente politica e deve comunque tener conto del tenore della cooperazione UE-NATO cosi’ come si effettivamente è sviluppata sul campo a partire dagli Accordi Berlin Plus del 2003.
Il dato certo è il nostro comune interesse a che tale cooperazione strategica tra UE e Nato, soprattutto in seguito all’invasione russa in Ucraina, prosegua e anzi si rafforzi. Ma allo stesso tempo, è necessario oggi ripensarne le modalità, anche alla luce del dibattito e dei lavori in corso sul rafforzamento delle capacità europea di difesa, e della cosiddetta autonomia strategica dell’UE. È questo un tema affascinante e complesso che gli Organizzatori potrebbero senz’altro considerare per una prossima conferenza. Grazie per l’attenzione.