Questo sito utilizza cookies tecnici (necessari) e analitici.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookies.

Intervento dell’Amb. Marco Peronaci alla conferenza “Climate change and natural hazards in the Euro-Mediterranean region: Security impacts and crisis management” (Roma, 21 novembre 2024)

F2_068

1. Mi fa molto piacere essere qui tra voi e partecipare con qualche riflessione a questa tavola rotonda sul tema “Enhancing environmental security: international cooperation, technological innovation, and scientific research”. Vorrei ringraziare la Fondazione MED-OR e il Ministero degli Affari Esteri del Regno di Giordania, per l’invito e anche il Programma NATO “Science for Peace and Security” (SPS) e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che svolgono un ruolo importante nel promuovere il dibattito sul tema della sicurezza ambientale.

2. Questa iniziativa cade a soli pochi giorni dal forum annuale “Arab Geopolitics”, tenutosi lo scorso 25 ottobre e organizzato dalla NATO Defense College Foundation, sempre in collaborazione con il MAECI. Trovo significativo che eventi di tale calibro siano dedicati, a distanza di poche settimane, ad approfondire il dibattito sulla regione sud sotto l’egida della NATO. È una dimostrazione della rinnovata centralità del “Vicinato Sud” tra le priorità dell’Alleanza, un risultato conseguito anche grazie alla ferma azione del nostro Paese.
Questo Workshop si svolge inoltre in un momento purtroppo particolarmente critico, dal punto di vista della sicurezza ambientale. Sono sotto gli occhi di tutti le conseguenze dei drammatici eventi climatici in Spagna nelle scorse settimane. Penso anche alle inondazioni in Nordafrica di due anni fa o agli incendi che in misura crescente si accaniscono contro i nostri Paesi nei mesi estivi.
È una fase critica anche sotto il profilo della cooperazione regionale, alla luce delle ben note tensioni geopolitiche che dal Mediterraneo si irradiano verso l’intero Medioriente.

3. Ecco, allora, che in una fase storica di crescente frammentazione, favorire occasioni di dialogo su questi temi tra le due sponde del Mediterraneo deve rappresentare una priorità, specie su un dossier come quello della sicurezza ambientale che riguarda tutti indistintamente.
Inoltre, l’attuale quadro climatico, in continuo e talvolta drastico cambiamento, pone sfide rilevanti da un punto di vista tecnico e strategico, che richiedono la massima cooperazione internazionale.

4. L’Italia lavora affinché la transizione ecologica abbia un impatto socio-economico equo e ben distribuito nel rispetto delle peculiarità dei singoli territori e contesti sociali.
Ciò significa affrontare, in parallelo alla mitigazione tecnologica e finanziaria del cambiamento climatico, gli effetti concreti sulle popolazioni, dalla sicurezza idrica e alimentare fino alle migrazioni forzate. Dobbiamo essere consapevoli del nesso sempre più evidente tra vulnerabilità ambientale, inasprimento delle disuguaglianze socio-economiche e aumento di tensioni sociali, che rischiano, nella peggiore delle ipotesi, di sfociare in veri e propri conflitti armati.

5. Tra le regioni più esposte in tal senso rientra, appunto, il Bacino mediterraneo, il quale è già oggi esposto ad un tasso di riscaldamento superiore al resto del pianeta, rendendolo potenzialmente teatro di “sconvolgimenti” altrettanto significativi nel medio e lungo periodo.
Alla sicurezza ambientale si ricollega il tema della sicurezza energetica, emerso con prepotenza come conseguenza della guerra di aggressione russa all’Ucraina, con l’aumento improvviso e vertiginoso dei costi dell’energia, ma anche i profili di sostenibilità ambientale derivanti da continui e indiscriminati attacchi contro le infrastrutture energetiche in Ucraina, così come su rete elettrica, ponti, dighe e impianti di drenaggio. Il rischio ambientale connesso a questi attacchi, come potete immaginare, è elevatissimo e da non sottovalutare.

6. Vi è poi il tema delle infrastrutture critiche sottomarine e non solo: i disastri naturali possono danneggiare o interrompere l’erogazione di servizi essenziali e rappresentare pertanto un rischio securitario. Non è mistero come la maggior parte dei membri e dei partner della NATO, nel fare affidamento su forniture energetiche dall’estero, sia esposto all’azzardo strategico di attori che mirano ad indebolirci, giocando sulle nostre “dipendenze”. È di ieri l’altro la notizia della cesura del cavo baltico di interconnessione tra Germania, Finlandia e Lituania.
Qui entra in gioco la NATO, che a partire dal nuovo Concetto Strategico approvato a Madrid nel 2022, mira a diventare tra le organizzazioni di riferimento nell’ambito della sicurezza ambientale, ponendo il proprio vantaggio strategico in fatto di capacità logistiche e competenze tecniche al servizio degli Alleati e dei Partner che lo richiedano. Una tale ambizione richiede di essere sempre in cima alla curva dell’innovazione, per poter guidare le trasformazioni invece che esserne guidati. La ricerca gioca un ruolo fondamentale, come ha ribadito il Vice Presidente del Consiglio Tajani nel corso del recente World Fusion Energy Group alla Farnesina, con particolare riferimento al valore aggiunto che presenta nel contesto della sicurezza energetica ed ambientale.

7. Adattarsi a questi cambiamenti non è che l’inizio di un percorso irto di sfide. La NATO deve farlo al suo interno ma anche, e soprattutto, in collaborazione con i propri partner, sia quelli che hanno già raggiunto un grado avanzato di consapevolezza ambientale, sia quelli che invece richiedono da tempo il sostegno alleato nell’adattare la propria “resilienza” alle sfide contemporanee in materia ambientale. Certo, si tratta di operare in contesti già fragili e mutevoli, che impongono di coniugare una presenza responsabile con l’efficacia operativa.
Ciò comporta, innanzitutto, raggiungere la massima efficienza nell’uso delle risorse naturali. Il Bacino mediterraneo e l’intero Vicinato Sud, come sapete meglio di me, presentano un enorme potenziale in termini di risorse rinnovabili (solare, idroelettrico, eolico e geotermico) che si scontra tuttavia con un accesso limitato alle fonti energetiche. Per questo, una transizione “equa” non rappresenterebbe solo un’opportunità di crescita economica, ma anche una soluzione per affrontare le disuguaglianze sociali e le questioni ambientali, ponendo basi ben più solide per le politiche di prevenzione dei conflitti.

8. Come ricordato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla recente COP29 di Baku, lo sfruttamento delle risorse naturali nel prossimo futuro, legato alla crescita della popolazione globale, aumenterà drasticamente il consumo di energia, anche per il crescente fabbisogno richiesto dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ciò non potrà che ripercuotersi sul nostro Vicinato, generando una sfida “capacitiva” che anche l’Alleanza è responsabilmente tenuta ad affrontare.
Ne discende la necessità di crescenti investimenti per rendere “sostenibili” le infrastrutture strategiche, inserendo il tema della sicurezza ambientale sul piano del dialogo politico ma anche degli sforzi collaborativi degli Alleati nei confronti dei propri partner.

9. Al riguardo, siamo convinti che il Piano d’Azione di recente adozione che ridefinisce l’approccio della NATO al Vicinato Meridionale potrà giocare un ruolo chiave per favorire il rilancio del dialogo politico con il Sud insieme ad una maggiore cooperazione pratica con i Paesi Partner.
Le “buone pratiche” da cui partire sono molteplici. Nel quadro del programma “Science for Peace and Security”, penso al progetto PROMEDEUS in collaborazione con la Mauritania, incentrato sul miglioramento delle capacità operative e di gestione emergenziale, in ambito sanitario e di protezione civile in genere.
Penso all’Organizzazione per la Scienza e la Tecnologia (STO) della Nato, che analizza le sfide tecnologiche per le forze armate, comprese quelle relative alle questioni ambientali e della sicurezza marittima, cui è dedicato uno specifico Centro di Ricerca (CMRE) con sede a La Spezia che con gli altri Rappresentanti Permanenti nel Consiglio atlantico abbiamo visitato lo scorso aprile, un modo che ho voluto proporre per celebrare i 75 anni dell’Alleanza.

10. A maggior ragione, riteniamo che la NATO sia oggi chiamata a sviluppare finalmente la propria visione strategica per il Sud fornendo risposte concrete, di ampio spettro e che affrontino, perciò, i problemi “alla radice”. In tale prospettiva, sicuramente le sfide ambientali ed energetiche pongono importanti dilemmi alla sicurezza collettiva e restano prioritarie nel comune lavoro dell’Alleanza, come sottolineato nelle Conclusioni dell’ultimo Vertice NATO di Washington e come emergerà senz’altro anche all’Aja il prossimo giugno.

11. È certo che, le crescenti tensioni politiche e gli scontri aperti nella regione, non facilitano un compito che appare tanto complesso quanto necessario.
L’Italia è fortemente impegnata a lavorare sia nella NATO, sia a stretto contatto con i Partner e le altre Organizzazioni regionali e internazionali, per rafforzare il dialogo politico e rilanciare le azioni e i programmi di cooperazione concreta. L’ambizione è elevata, l’esito della sfida è tutt’altro che scontato. ma sono certo che la NATO, oggi come ieri e come in futuro, saprà reinventarsi sotto questo profilo, grazie anche alla spinta di Alleati come l’Italia, sempre in prima fila nel contribuire a trovare soluzioni positive e cooperative alle sfide strategiche e di sicurezza del nostro tempo.

***

Maggiori informazioni sull’evento sono disponibili qui.